La produzione è internazionale, colossale. E la recitazione è in inglese. “Ho la fortuna di parlare inglese molto bene”, ci racconta quando le chiediamo cosa ha provato a lanciarsi in un’esperienza così nuova. “All’inizio, le prime settimane, è stato necessario entrare in un mindset diverso. Sul set si parlava inglese, turco, ungherese, italiano... era complesso da un punto di vista linguistico. È stata una sfida, era la prima volta che giravo un progetto internazionale.” E non è tutto: “È anche la produzione più grande in cui abbia mai lavorato”, aggiunge. “Le ambientazioni erano impressionanti. Abbiamo girato nei boschi; la casa di Gloria era stata costruita appositamente per il mio personaggio. Ci avrei vissuto dentro al 100%: era bellissima, ricca di dettagli meravigliosi”, dice sorridendo. “Il lavoro di scenografia è stato incredibile. Le fortezze erano veri e propri paesi costruiti in legno, riadattati da progetto a progetto. Ti ritrovi a vivere in un villaggio quasi medievale, a camminare nel fango, a viverci. Abbiamo trascorso sei mesi a Budapest, durante l’inverno.” Le chiediamo cosa si sia portata a casa da questa esperienza. “Con tutti gli attori sul set si è creato un bellissimo rapporto, di amicizia. Alcuni li sento quasi tutti i giorni. C’è stata molta collaborazione, molto scambio, aiuto, feedback, prove collettive anche divertenti. Un film, una serie TV, sono progetti corali: tutti fanno la propria parte per renderli possibili. La collaborazione su questo set è stata speciale.”
Sul set, Greta ha portato con sé tutto il suo bagaglio personale e formativo, incluso il metodo Strasberg e la tecnica Meisner. “Una volta assimilati, questi metodi li usi sempre, in contesti diversi, continuamente. Della tecnica Meisner, che si basa sull’ascolto e la ripetizione, ho notato quanto faccia bene il contatto con gli altri attori. Rende tutto più autentico, perché stai davvero ascoltando quello che dici, non è solo un copione memorizzato, ma una reazione emotiva e fisica all’altro. In una scena in particolare, un mio ricordo doloroso mi ha aiutata a interpretarla. La recitazione non è terapia, ma i ricordi, una volta elaborati, possono essere utili. E in quel momento avevo bisogno di qualcosa di molto potente.” Il riferimento alla terapia ci porta a una riflessione sul percorso interiore di Greta, sulla sua crescita personale e consapevolezza emotiva. “Per fare questo lavoro devi essere il più libero possibile” ci conferma, con grande serietà. “Tutti partiamo con dei blocchi, ma quei blocchi non ti permettono di dare al personaggio tutto ciò di cui ha bisogno. Per liberarsene, per stare bene, serve consapevolezza. Nel mio caso, ho fatto un percorso di psicoterapia – né lungo né breve – necessario per conoscermi meglio, per liberarmi da dolori e vivere con maggiore serenità. Secondo me, tutto è collegato.”